I diari di viaggio di Carla Polastro

"Miraggi di pietra"

Viaggio in Siria

aprile-maggio 2005

Basilica di S. Simeone lo Stilita

Basilica di S. Simeone lo Stilita

Basilica di S. Simeone lo Stilita

Basilica di S. Simeone lo Stilita

Sissi House nel quartiere armeno di Aleppo

Scorcio del quartiere armeno di Aleppo

Ingresso alla cittadella di Aleppo

Scavi di Ebla

Scavi di Ebla

Scavi di Ebla

Il cardo di Apamea

Il cardo di Apamea

Il cardo di Apamea

Il cardo di Apamea

Una "noria" ad Hama

Norie ed acquedotto di Hama

Il tempio di Bel a Palmira

Il sancta sanctorum del tempio di Bel a Palmira

Un dettaglio del tempio di Bel a Palmira

Il soffitto del sacello che conteneva la statua del dio Bel

Dromedario a Palmira

Vista dell'oasi di Palmira

Vista delle rovine con sullo sfondo la necropoli

Tomba a torre della necropoli di Palmira

L'arco d'accesso al cardo

Il tempio di Bel dal cardo

Dettaglio del teatro

L'Agorà di Palmira

Il Tetrapilo

Vista dal Castello Arabo

Tramonto sul deserto siriano

Primo mattino a Palmira

Crac des Chevaliers

Crac des Chevaliers

Crac des Chevaliers

Crac des Chevaliers

Crac des Chevaliers

Maalula

Ingresso del Museo Nazionale di Damasco

Teatro romano di Bosra

Teatro romano di Shaba

Neve sui monti dell'Antilibano visti da Damasco

Palazzo Azem a Damasco

Palazzo Azem a Damasco

Palazzo Azem a Damasco

Palazzo Azem a Damasco

Moschea degli Omayyadi a Damasco

Moschea degli Omayyadi a Damasco

Moschea degli Omayyadi a Damasco

Giardino del Museo Nazionale di Damasco

Dettaglio del giardino del Museo Nazionale di Damasco

Vai indietro quanto vuoi nel passato, e Damasco c'è sempre stata. Essa non misura il tempo con i giorni, i mesi, gli anni, ma con gli imperi che ha visto nascere, prosperare, andare in rovina. Ha assistito alla costruzione di Roma, l'ha vista coprire il mondo con la sua ombra, ed era lì mentre moriva...

Mark Twain

A un paio di giorni dal rientro in Italia, la mia mente è come un caleidoscopio, un crogiuolo di colori, odori, immagini, suoni, luci e ombre...

Ho visto il cielo siriano in tutti i suoi umori: terso e trasparente come cristallo al di sopra del deserto, gonfio di neri nuvoloni e spazzato da violente raffiche di vento gelido sul Crac des Chevaliers, grondante di pioggia a Damasco e Bosra, per poi sorprendermi il giorno stesso con un sole smagliante nella piccola Shaba...

Ho respirato gli aromi di mille spezie nei suq di Aleppo e Damasco, il profumo delle rose e del glicine in piena fioritura, quello del fumo dei narghilè nei caffè sempre affollati a ogni ora del giorno e della notte, quello del miele e del pane appena sfornato...

Ho udito le preghiere dei muezzin, i richiami dei venditori, il chiasso del traffico e quello dei cortili delle scuole durante la ricreazione, il canto degli uccelli nelle giornate di sole. Ho seguito il volo di un falco, alto nel cielo di Palmira, ripensando alle parole di un falconiere del Qatar: "I miei falchi mi vogliono bene e quando volano, io volo con loro, vedo il mondo con i loro occhi".

Ho camminato nelle viuzze immerse nell'ombra e nel silenzio del quartiere armeno di Aleppo, con le sue case antiche dagli armoniosi cortili, e nelle strade caotiche di Damasco, assordata dal frastuono di innumerevoli clacson, fino a trovare rifugio nella quiete di Palazzo Azem o sotto gli alberi del giardino del Museo Nazionale...

Ho sentito il mio cuore battere più forte quando, all'orizzonte, dopo l'aridità della steppa, ho scorto le palme e le rovine di Tadmor, la romana Palmira, la "Sposa del Deserto". Ho visto le sue pietre cambiare tonalità nelle diverse ore del giorno, nella luce abbagliante del sole allo zenith, in quella morbida e soffusa del tramonto, in quella dei fari nel blu cobalto della notte o nell'aria fresca e pulita del primo mattino. Le sue pietre che sembrano, nel corso dei secoli, aver assorbito non solo il calore ma anche il colore di pesca del sole, come le guance di un bambino...

Ho vagato fra i resti della basilica di San Simeone lo Stilita, sull'altopiano calcareo intorno ad Aleppo, respirando la brezza deliziosamente fresca, provando una sensazione di assoluta serenità e contentezza, rispondendo ai saluti e ai sorrisi dei tanti bambini e ragazzi in gita scolastica, che riempivano di schiamazzi l'aria del mattino.

Ho percorso i tetri camminamenti del Crac des Chevaliers, resi ancora più bui dal tempo grigio, l'acqua del fossato increspata dal forte vento, il cui sibilo faceva pensare alle voci dei Crociati e degli Arabi che qui combatterono, alle loro grida durante i lunghi assedi.

Dopo una curva, al termine di una lunga salita, in mezzo al grano già alto e disseminato di papaveri color del rubino, ho visto come in sogno ergersi le colonne del cardo di Apamea, lungo quasi due chilometri. Ho immaginato, nella tranquillità attuale, il trambusto di un'epoca ormai remota, le botteghe affollate, le statue delle divinità e quelle dei notabili cittadini, i frequentatori delle terme intenti a spettegolare, gli uffici pubblici, le case e i cortili...

Come ho immaginato, a Ebla, l'esultanza dei nostri archeologi alla scoperta delle tavolette rivelatrici di una civiltà antichissima, il loro duro lavoro ripagato da una soddisfazione immensa, nella consapevolezza che tante altre emozioni li attendono negli anni a venire.

Mi sarebbe piaciuto assistere a uno spettacolo nell'anfiteatro di basalto di Bosra, vederlo "vivo", con le gradinate gremite di pubblico, perché è quella la sua ragione di esistere. Come ha osservato qualcuno, "le pietre non significano niente, senza gli uomini". E' bello e confortante sapere che questi luoghi continuano a essere utilizzati, ad accogliere manifestazioni musicali o teatrali, da Epidauro a Verona, da Nîmes a Baalbeck, creando un filo invisibile ma solidissimo con coloro che, questi teatri, li hanno costruiti o vissuti fin dall'inizio.

A Maalula, nel convento di San Sergio, ho ascoltato con un'emozione indescrivibile il Padre Nostro in aramaico, la lingua in cui Gesù l'ha trasmesso ai suoi discepoli, e per qualche istante mi è sembrato di esistere in un'altra dimensione, in una sorta di "spazio atemporale": è difficile rendere certe sensazioni così intime e profonde con le parole!

Mi ha letteralmente mozzato il fiato la grandiosità della Moschea degli Omayyadi, il suo vastissimo cortile, i lucidi marmi, i raffinati mosaici, i minareti slanciati, i morbidi tappeti, il minbar meravigliosamente scolpito e intarsiato, l'eleganza delle incisioni alle pareti.

Sono rimasta colpita dal contrasto, appena fuori dalla Moschea, fra i resti di un tempio dedicato a Giove (alcune colonne e un arco) e la semi-oscurità, quasi cavernosa, del suq damasceno, animato da una grande folla.

Ma la gioia più grande me l'ha donata una bimba, che - con un sorriso - offriva caramelle ai visitatori stranieri presenti in quel momento all'interno della Moschea. So che porterò lei e un'altra bimba dolcissima incontrata a Palmira per sempre nel mio cuore, resteranno un po' l'emblema di questo viaggio in terra siriana.

Carla Polastro